di Marco Cagelli
L'Italia ha il territorio più bello del mondo, raccoglie la larga parte del patrimonio culturale mondiale, ha una terra fertile che ci regala prodotti di eccellente qualità.
Tutto è stato reso possibile da secoli di tradizioni contadine, preservazione dei beni di maggior pregio, trasformazioni che hanno teso, naturalmente, a garantire quella qualità che ogni italiano vive tutti i giorni, dalla casa, all'auto al vestiario.
La storia viene quindi insegnata come sequenza di eventi, di personaggi, di vittorie e sconfitte. Giustamente. Purtroppo non si racconta, se non a pochi eletti che si cimentano nello studio della sismica o della geologia, che tutti questi beni, tutte queste fortune hanno, per controcanto, la minaccia costante di eventi naturali che possono portare a distruzione. Non si studiano perchè spesso non sono eventi a carattere nazionale: alluvioni, frane, terremoti si concentrano su un territorio ristretto, poco esteso, per la maggior parte dei casi. Restano quindi nella memoria eventi con carattere generazionale, il cui ricordo svanisce quando il tempo scorre, corrode la ragione, convincendola che “tanto non capiterà più”.
Si abbandona la cura del territorio, dei suoi canali, delle opere idrauliche minori, dei canali di scolo, la pulizia dei boschi e il mantenimento dei sentieri di accesso. Si dimentica il valore della cura. Un caro amico, Angelo Zanoni, mancato troppo presto a tutti noi, mi teneva impegnato su questo argomento invitandomi a “prendermi cura” del nostro territorio, citando numeri, ricordandomi le scelte sbagliate del passato, mettendo al centro la cura come forma di rispetto per tutti noi. Una spinta che mi portò a “prendermi cura” di quelle popolazioni colpite da eventi calamitosi in centro Italia. E più conosco, più mi confronto con colleghi e amministrazioni locali, più emerge il senso delle persone per la carota. Preferiamo tutti la carota, l'incoraggiamento, la pacca sulla spalla di complimento. Preferiamo un metodo educativo che consideri le nostre esigenze, il nostro modo di apprendere, le nostre potenzialità.
Purtroppo con la natura apprezzare “la carota” ovvero i periodo che scorre fra eventi drammatici, non solo è pericoloso, ma deleterio. La testa dimentica, la tradizione orale (si, avete letto bene, ancora oggi funziona) finisce con gli ultimi che “hanno visto il terremoto”, le cicatrici nel paesaggio vengono ricucite. E allora l'effetto del bastone, la legnata picchiata sulla nostra quotidianità, impartita da un terremoto o da un qualsiasi evento drammatico, diventa unica “educazione” per ricordarci cosa dobbiamo fare per preservare le nostre case, il nostro territorio, le nostre bellezze, il nostro futuro, le nostre vite.
Sappiamo bene che il bastone non piace a nessuno, eppure... eppure continuiamo indefessamente, di fronte ad un pericolo, un rischio, una minaccia a dire “ma tanto non succederà proprio ora”. Dimenticando che non esiste un'ora! Un fortunale estivo che ci coglie in alta quota, una frana che ci travolge sul ciglio di una strada, un terremoto che travolge le nostre vite non hanno orario, non hanno segni premonitori, non ci avvertono mezz'ora prima. Tutti i giorni però evidenziano i nostri peccati: quelle piccole lesioni negli edifici che emergono piano piano. Quelle crepe sui cigli delle strade... quel canale tombinato... quelle enormi belle porte dove prima c'era un muro portante... insomma quelle problematiche che vediamo crescere piano piano intorno a noi non devono più abituarci, ma devono stimolarci a stare attenti, ad agire, a sottolineare il rischio.
Evitiamo la carota, agiamo.
Tutti i giorni, ogni giorno. A scuola, a casa, sul posto di lavoro, in automobile. Accorgiamoci di quanto succede tutti i giorni e facciamo crescere la consapevolezze nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nei nostri figli.
Se non lo facciamo, è certo, ci toccherà una bastonata.